Conferenza bracconaggio Carpitaly 2016

Conferenza bracconaggio Carpitaly 2016

Conferenza bracconaggio Carpitaly 2016

Questo è il mio intervento alla conferenza sul bracconaggio al 18° Carpitaly 

Il primo pensiero e ringraziamento è rivolto a tutti i volontari appartenenti ad associazioni o a gruppi, titolari del decreto di guardia particolare ittica volontaria, a tutte quelle persone in possesso dell’appellativo di individui responsabili e alle forze dell’ordine. Uomini che, con il proprio contributo, rivolto alla difesa delle nostre acque, riescono a tenere ancora viva, nel mondo della pesca sportiva, la speranza che, un territorio come il nostro, martoriato e messo a ferro e fuoco da questa dilagante forma di pesca illegale, possa ritrovare e mantenere la sua integrità.

Risalgono a oltre dieci anni orsono le prime denunce contro il bracconaggio, una piaga che senza sosta continua a impoverire, sfruttare e spogliare le nostre acque. Siamo arrivati al punto che, i bagagliai delle auto diventano veri e propri punti vendita dei pesci trafugati, lungo le rive dei fiumi marciscono i resti abbandonati di pesci squartati che, umiliano il nostro modo di essere pescatori di oggi, attenti alla difesa e alla tutela della fauna ittica e del territorio. Da allora le dimostrazioni di piazza organizzate in territorio Polesano a Rovigo e Papozze sono un ricordo.  Migliaia le firme raccolte e presentate, decine di articoli e denunce hanno trovato e trovano posto nei vari quotidiani, un incessante grido di disperazione che l’intero ambito della pesca sportiva continua ad urlare a tutto il mondo istituzionale e della politica.

Finalmente qualcosa è successo le prime prese di posizione ci sono state. Dal Veneto e dall’Emilia Romagna arriva l’inasprimento delle sanzioni amministrative e non solo; dalle forze di governo partono le prime interrogazioni parlamentari, viene presentata la prima proposta di legge seguita dall’emendamento al collegato agricolo; tutti atti aventi la medesima finalità, quella di trovare soluzioni efficaci contro il bracconaggio, e di questo dobbiamo esprimere alla politica un forte ringraziamento. Ma chiedo, che fine ha fatto il punto saliente che doveva dare un volto nuovo alla normativa per il contrasto al bracconaggio ittico nelle acque interne?

Come può non trovare spazio in questa nuova formulazione di legge il tanto atteso considerare reato penale l’uso di: reti, attrezzi o altri strumenti propri della pesca professionale, senza essere in possesso del titolo abilitativo, o il loro utilizzo in misure difformi da quanto previsto nei regolamenti?

Vi è anche un’altra grossa preoccupazione, ci si chiede quanto potrà essere efficace questo cambio di direzione a livello normativo, quando si scontra contro altrettante decisioni che, se non attentamente riconsiderate, renderanno vano questo auspicato passo verso un contrato forte e concreto nei confronti del bracconaggio.

Mi riferisco alle attività di vigilanza, da ritenersi le uniche atte ad assicurare il rispetto delle norme. Serve una loro riqualificazione, che vada di pari passo con una più importante disponibilità di risorse economiche, con la messa in campo di maggiori uomini dotati di mezzi adeguati, con controlli notturni costanti.

Assume una fondamentale importanza la rete di collegamento attuata di recente tra le polizie provinciali e forestali, ne nascerà sicuramente un centro di coordinamento anche con i corpi di guardie volontarie, capace di analizzare le segnalazioni e di organizzare le attività di controllo.

Occorrono gruppi di azione attivi 24 ore su 24 e serve che le richieste di intervento, per attività di predazione ittica, assumano carattere di priorità.

Si deve assolutamente riprendere il controllo del territorio, non privarlo degli organismi esistenti preposti a tale scopo.

Bene le conferenze, bene tenere viva l’attenzione sul problema bracconaggio, ma adesso, dopo dieci anni, dopo aver visto come sono ridotte le nostre acque, le priorità sono quelle di avere, subito, leggi di forte contrasto e controlli serrati.

I dati che indicano di come si sia ridotta la quantità dei pesci presenti nel territorio acquatico sono ormai di dominio pubblico.  Alla fauna ittica deve essere garantita la possibilità di rigenerarsi, di rafforzarsi, di riprendere pienamente possesso delle proprie acque. Questo impoverimento non è causato solo dalla pesca illegale, ma anche dallo sfruttamento illimitato e continuo da parte di professionisti e per scelte gestionali suicide.

Per questo alle amministrazioni locali si chiede di attuare, quanto in loro facoltà, sulla base delle norme esistenti, per limitare il più possibile tutte le attività rivolte al prelevamento.

Si sospendano gli interventi di contenimento, si interrompano o riducano le attività della pesca di mestiere si limitino le aree a loro

disposizione, si riveda l’elenco degli attrezzi consentiti togliendo quelli di maggiore invasività, si declassino ad acque secondarie scoli e canali di ridotte dimensioni considerate ora acque primarie e soggette per questo a “legali” sottrazioni indiscriminate.

Chiedo alle forze Politiche presenti di emanare di un decreto d’urgenza, che consenta alle provincie di sospendere il rilascio di nuove licenze di pesca professionali. Questo in attesa che tale attività, svolta nelle acque interne, venga nuovamente disciplinata e circoscritta sino ad arrivare a sancirne, in alcuni casi la fine.

La politica continui ad essere unita nella ricerca di soluzioni che siano rapide ed efficaci, mettendole in pratica con determinazione.

Spero che le argomentazioni di questo convegno non entrino a far parte di quella lotta parlamentare che ormai dilaga su tutte le fonti d’informazione. Mi auguro invece, che siano riuscite ad investire la politica, di quella stessa passione che coinvolge noi pescasportivi di oggi, interpreti di una pesca vista non solo come attività ricreativa ma come salvaguardia nei confronti di un patrimonio da tramandare alle generazioni future.

Vi chiedo di non deludere questa nostra passione.

Grazie.

Agostino Zurma

Presidente Nazionale Carpfishing Italia

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