Il caso Baitona

Il caso Baitona

Il caso Baitona

Quanto successo alle cave Baitona ha fatto riemergere un fenomeno da sempre presente, il trasferimento di pesce da acque pubbliche ad acque private.

Questa volta  è successo in un ambiente nel quale CFI aveva, da ormai qualche anno, impostato una sorta di collaborazione per la realizzazione di iniziative e per una gestione  legata alla massima correttezza e secondo i crismi del “carpfishing” propri dell’associazione.

Purtroppo un insuccesso, un passo falso da parte di chi, non aveva ben compreso lo spirito di Carpfishing Italia. Non si sono capiti e seguiti  i propositi e le indicazioni della persona che in quell’ambito  rappresentava CFI, il consigliere Francesco Angeli. Attorno a questo episodio si sono alzate decine di opinioni e considerazioni sulla nostra associazione, alcune giuste, altre dure, ulteriori fuori luogo.

Ma una cosa è certa CFI, e il consigliere Francesco Angeli in questa questione poco centrano e le parole del Presidente delle cave, Ivano Carretta, che leggerete di seguito ne sono prova. Per ora il direttivo ha deciso di sospendere ogni collaborazione con le cave Baitona prendendone le distanze dalla gestione.

 Sono giunti decine di suggerimenti ed inviti a prendere decisioni, anche drastiche, ed in alcuni casi non condivisibili, come l’allontanamento dei soci di CFI che frequentano laghi a pago in cui accadono questi trasferimenti di pesce. Questa presa di posizione non rientra nei programmi del direttivo.

Voglio puntualizzare, che tra le molte migliaia di carpisti ne trovano posto un altissimo numero che frequenta i laghi a pago. Questi signori non sono  sicuramente da classificare come  pescatori di serie B, ma appaiono come persone che CFI, da Associazione Nazionale quale è, deve rappresentare.

Altra cosa sono i carpisti che, effettuate catture su acque libere, vanno poi a convogliarle nei laghetti a pagamento dietro la corresponsione di alcune centinaia di euro, adducendo, alcuni, a propria discolpa la crisi economica. A molti di voi non parrà esserci  differenza tra i due casi, ma questa è evidente e sostanziale.

Per i secondi, “i cacciatori di taglie” viene a mancare lo spirito essenziale e vitale del carp fishing, il rilascio del pesce laddove si è catturato. Questo atteggiamento da parte di un carpista è inaccettabile e punibile con l’allontanamento immediato dall’associazione.

Tornando al problema di fondo ho in corso una elaborazione di proposta, condivisa dall’intero direttivo, nel tentativo di intervenire nei confronti di questo fenomeno. Saranno coinvolte Provincie, Regioni  ed altri organi di rilevanza locale e non.

La richiesta verterà su questi punti primari:

  1. A) definizione di dimensioni “massime” dei pesci da prelevare da parte dei pescatoti professionali nel tentativo di ridurre la caccia spietata agli esemplari di taglia, atteggiamento che comporta un grave danno alla riproduzione.
  2. B) divieto per i pescatori di mestiere di effettuare alcun prelevamento di carpe durante il periodo di frega ove questo non sia previsto.
  3. C) intensificare i controlli affinché i pescatori professionali non effettuino prelevamenti di pesce al di fuori degli ambiti a loro assegnati.

A breve vi sarà reso noto il testo.

Un caso, quello del trasferimento del pesce, perfettamente legale  per le leggi italiane. Infatti i pescatori di mestiere possono liberamente prelevare quantità illimitate di pesce per poi rivenderlo, anche vivo, a commercianti con unica limitazione le misure minime. Ebbene questo deve finire e noi nel limite delle nostre possibilità faremo di tutto per ottenere risultati confortanti su questo fronte. Tengo a ribadire quanto già espresso in un altro mio intervento che non bisogna demonizzare le acque private, sicuramente c’è bisogno di lavorare in questo ambito ma non solo, per cui la presenza in esse di carpisti iscritti a CFI risulterà essere incentivo di sensibilizzazione nei confronti dei gestori stessi. Questo è il nostro compito, educare, sensibilizzare , creare delle condizioni e promuovere delle iniziative che permettano a tutti di esercitare la pesca nel luogo preferito ma il più possibile dentro la sfera dei principi morali che CFI abbraccia.

Il Presidente Nazionale

Agostino Zurma

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