Ministero Ambiente Tutela Territorio Mare
Questa la lettera che Carpfishing Italia ha inviato al Ministero Ambiente Tutela Territorio e Mare relativa alla classificazione della specie Cypriunius Carpio
Premessa di carattere generale sull’Associazione Carp Fishing (sig. Zurma)
Vista l’attività pluriennale svolta e lo scopo sociale perseguito, la scrivente Associazione ritiene di interpellare codesto Ministero e chiedere la sua autorevole opinione in merito ad una questione assai rilevante riguardante la carpa (Cyprinus carpio) e la disciplina alieutica applicabile a tale specie.
Alcune Regioni stanno modificando la propria normativa sulla regolazione della pesca nelle acque interne eliminando le disposizioni che fino ad ora (in maniera diffusa e praticamente omogenea su tutto il territorio nazionale) hanno previsto per la carpa (Cyprinus carpio) limitazioni al prelievo, l’obbligo di non trattenere il pescato qualora non superasse certe dimensioni ed altre ulteriori misure, contrastando così una pesca indiscriminata e senza regola alcuna, che in breve tempo avrebbe messo in pericolo la sopravvivenza delle popolazioni esistenti.
A parte le considerazioni circa la rilevanza economica della pesca sportiva alla carpa, i cui praticanti sono ormai assai numerosi e diffusi su tutto il territorio nazionale, e le conseguenze negative che una tale diversa regolamentazione potrebbe provocare a questo settore, quello che si preme evidenziare in questa sede è il danno ambientale/ecologico che potrebbe derivare dalla modifica della disciplina finora applicata alla carpa, modifica che la scrivente Associazione ritiene sia in contrasto sia con l’art. 2, lett. o-quinquies), D.P.R. 357/1997.
Per cercare di risolvere la questione prima dell’adozione di iniziative regionali che, come accennato, potrebbero avere effetti potenzialmente anche assai gravi, la scrivente Associazione ha pensato di rivolgersi a codesto Ministero per avere un pronunciamento definitivo ed univoco sul significato e sulla portata dell’appena citata norma.
L’art. 2, lett. o-quinquies), D.P.R. 357/1997 stabilisce che deve considerarsi “autoctona” la popolazione o specie che per motivi storico-ecologici è indigena del territorio italiano.
E’ evidente che il richiamo ad elementi storici non ha altro significato che dare rilievo ed importanza, ai fini della qualificazione di una specie come autoctona, alla sua presenza sul territorio italiano da lunghissimo tempo, tanto da poterla considerare come parte integrante del patrimonio faunistico, ed all’origine della sua introduzione: in caso contrario, infatti, il riferimento della norma all’aspetto storico sarebbe assolutamente incomprensibile e privo di significato.
Ed è così che, su indicazione pressochè unanime del mondo scientifico, Regioni e Province hanno fino ad ora qualificato la carpa.
Anche lo stesso Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi ISPRA) nelle “Linee guida per l’immissione di specie faunistiche” (Quaderno di Conservazione della Natura n. 27 / 2007), proprio in virtù del richiamo della norma sopra citata ai motivi storici (appunto altrimenti incomprensibile ai fini della qualificazione di una specie come indigena), ha affermato che devono essere qualificate come parautoctone anche quelle specie che, pur non originarie del territorio italiano, vi siano giunte per intervento dell’uomo (intenzionale o involontario) in un periodo storico antico, intendendo per tale il periodo antecedente al 1500 d.C. (e cioè prima della scoperta delle Americhe).
Sulla base di accurati studi, l’Istituto ha ritenuto che, soddisfacendo tali requisiti, anche la carpa andasse ricompresa tra le specie qualificate come autoctone per motivi storici (v. allegato I alle linee guida): secondo l’unanime opinione di molti e qualificati ittiologi, infatti, l’introduzione della carpa nel territorio italiano è assai antica e risalirebbe addirittura all’epoca romana.
La scrivente Associazione ritiene che tale valutazione storico-tecnica degli esperti dell’Istituto non sia stata certo messa in discussione dalla pronuncia della Corte Costituzionale 30/2009, in quanto la stessa si è pronunciata su un conflitto di attribuzioni tra Regioni e Stato ed ha esaminato soltanto incidentalmente (e quindi senza un effettivo valore di precedente vincolante) la questione della qualificazione della carpa, peraltro sull’erroneo presupposto -dato per incontestato tra le parti, ma smentito dall’Istituto nazionale- che tale specie fosse stata introdotta in Italia dopo la scoperta delle Americhe (probabilmente assimilando in maniera non corretta la carpa al pesce gatto e alla trota iridea, di sicura origine americana e perciò non inserite -a differenza della carpa- nel citato elenco allegato I alle linee guida).
In ogni caso, si deve anche tener conto di quanto di recente previsto dall’art. 2, comma 2-bis, L. 157/1992 (introdotto dall’art. 11 D.L. 91/2014, conv. con modificazioni da L. 116/2014). Tale norma conferma infatti che esistono specie, anche se di origine non indigena, che meritano comunque forme di tutela: nella sostanza, si potrebbe affermare che, forse per superare quanto incidentalmente ed impropriamente affermato dalla Corte costituzionale, con tale disposizione si sia voluto far riferimento proprio alle specie che l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica aveva qualificato come “para-autoctone”, escludendole da possibili interventi di eradicazione o controllo della popolazione.
Si chiede quindi a codesto Ministero di precisare che fra le specie che “per motivi storico-ecologici” sono assimilabili alle specie indigene del territorio italiano è ricompresa anche la carpa, che è presente sul territorio italiano da molti secoli (ben prima della scoperta delle Americhe), che si è integrata nell’ambiente senza produrre effetti deleteri (a differenza di altre specie) e che ormai è entrata a far parte del patrimonio faunistico nazionale.
Il Presidente Nazionale
Agostino Zurma